Ricerche mediche nell’ambito dello Yoga

 

 

 

Cari amici dello yoga il post di oggi è un breve sunto di solo alcuni dei profondi benefici di cui godono i praticanti di questa antica disciplina. Le ricerche medico-scientifiche hanno già da tempo iniziato a studiare le dinamiche dello yoga e i suoi profondi effetti in campo psicologico e fisico, ricavandone conclusioni a dir poco sbalorditive. Chi pratica regolarmente e con insegnanti qualificati già conosce gli effetti che il post descrive chiaramente. Questo è un ulteriore invito a iniziare la pratica di questa disciplina millenaria per coloro che ne sono affascinati, e un invito  a praticanti e insegnanti di ogni livello a non smettere mai le ricerche riguardo la pratica personale volta anche a un insegnamento sempre più evoluto.

Le pratiche Yoga ricevono sempre nuove conferme sugli effetti antinfiammatori. Riporto quelli a mio parere più rilevanti. Parliamo di infiammazione silente. L’esecuzione di asana ogni settimana per un’ora determina un aumento delle proteine antinfiammatorie chiamate apoliproteina A1 (ApoA1) e adiponectina dopo solo 6 settimane. L’apoliproteina A1 è un componente del colesterolo buono, un complesso di lipoproteine ad alta densità chiamate anche HDL che aiuta a ripulire le pareti arteriose da colesterolo e grassi e ha proprietà antinfiammatorie. L’ApoA1 protegge dalla malattie cardiache e verosimilmente anche dal morbo di Alzheimer.

L’adiponectina invece è un ormone proteico antinfiammatorio che aiuta a tenere sotto controllo la glicemia e che presenta valori più bassi nelle persone sovrappeso o con diabete.
Lo yoga fa diminuire le citochine proinfiammatorie e aumenta quelle antinfiammatorie.
Lo yoga ha dimostrato di avere effetti di cambiamento nella espressione genica, riuscendo a ridurre la trascrizione del NF-kB, che è un fattore che attiva parti del genoma che causano processi infiammatori.

Questo lo si è osservato in uno studio su 200 donne che avevano avuto un tumore al seno e che hanno praticato yoga per 3 mesi. Lo Yoga è in grado di modificare sensibilmente i livelli di neurotrasmettitori nel cervello. IL GABA è uno di questi. Chi soffre di depressione, ansia o disturbo post-traumatico da stress ha livelli di GABA inferiori, bassi. IL GABA è un neurotrasmettitore inibitore, aiuta anche a dormire.
Alla Boston University i ricercatori hanno studiato l’effetto di 12 settimane di Yoga sui livelli GABA nell’area del cervello chiamata talamo e l’hanno messo a confronto con una camminata della stessa durata.

Il risultato dice che lo yoga migliora l’ansia e l’umore più della camminata aumentando i livelli di GABA nel talamo, specialmente in quello sinistro, che è legato al sistema nervoso parasimpatico. Vi auguro una buona pratica e di godere delle infinite benedizioni che scaturiscono da una sempre più profonda ricerca.

 

L’uso dei supporti nell’Iyengar Yoga

 

 

Cari amici dello yoga riprendiamo la serie dei post sull’origine dei supporti e di come furono ideati, quali esigenze ne hanno richiesto la creazione e il perché del loro uso nella pratica dell’Iyengar Yoga. Il prop che prenderemo oggi in esame sarà il Viparita Karani box, utilizzato per eseguire Viparita karani e non solo, in quanto il suo utilizzo si estende a molti altri asana.

Grazie alle riflessioni di B.K.S. Iyengar in merito alla elaborazione di questo raffinato supporto, capiremo come il suo genio creativo era sempre e costantemente rivolto al miglioramento della pratica dello yoga e come questo miglioramento potesse essere di beneficio non solo per gli studenti con evidenti difficoltà, ma anche per approfondire l’ esplorazione di aspetti profondi della sadhana negli studenti più avanzati. Spesso si utilizzano questi supporti meccanicamente, senza riflettere sui laboriosi anni di ricerca spesi dal fermento creativo di B.K.Iyengar così da permetterci l’utilizzo di cinte varie, cunei, quarti di tondo, sedie, planks, il cavallo, i vari archi di differenti misure e molto, molto altro ancora che hanno permesso a molti studenti nello yoga di poter accedere in maniera sicura ed incolume ad asana altrimenti inaccessibili per loro.

Ed ogni volta che ci serviamo di un supporto, per quanto semplice ed umile esso sia, rivolgiamo un pensiero di gratitudine a colui che ha reso oggi possibile tutto questo per la moltitudine dei praticanti sparsi nel mondo…

 

“L’aspetto esteriore dell’asana può essere perfetto, ogni criterio soddisfatto, ogni punto ben indirizzato, ma la comunicazione interna, la circolazione e la consapevolezza hanno bisogno di una maggiore attenzione. La maggior parte delle volte, quando si raggiunge il cosiddetto “asana corretto”, gli studenti tendono a diventare compiacenti e iniziano a ignorare l’essenza dell’ asana, pensando che possono spontaneamente “eseguire la posizione”.
La compiacenza e l’ignoranza sono assassini silenziosi della sadhana. Bisogna essere estremamente consapevoli di entrambi.
Setubandha Sarvangasana è un asana molto benefico. Io potevo stare in questo asana per 10-15 minuti. Tuttavia, altri non potevano rimanere nella posa indipendente persino neanche 2 o 3 minuti. Sulla panca, l’intensità era carente.

Così, ho cominciato ad assecondare l’idea su come la posa potesse essere fatta con il supporto, ma che fosse efficace, fedele al valore intrinseco della posizione. Sul mio corpo ho compreso che, quando la zona renale è sostenuta con le mie mani e arcuata, l’asana si dimostrava efficace. Per questo motivo ho progettato il Viparita Karani box principalmente per Setubandha Sarvangasana, dove i reni devono essere arcuati sul supporto.

Un nuovo pensiero o un’idea può essere vaga all’inizio. Bisogna essere pazienti e perspicaci per svilupparlo in qualcosa. Ho raffinato i props passo dopo passo, a volte scartando completamente il prodotto e partendo da capo.
La percezione, la sensazione, l’osservazione e la saggezza dovrebbero riflettersi in tutto ciò che si crea. “

 

Fonte: B.K.S. Iyengar da ” Il corpo è il mio primo prop” calendario

Il potere del Pranayama

 

Cari amici dello yoga, il post di oggi è dedicato alla intrinseca bellezza che lo studente scopre approcciando gradualmente la pratica del pranayama. Anche se sono tanti anni che svolgiamo le nostre pratiche di pranayama, rivederne le basi, scendere ancor più approfonditamente nei dettagli, avere il dono di saper guardare nella vastità dell’attimo, tutto ciò conduce a quel che Patanjali illustra nel secondo Pada al verso 44 : “Svadhyayat Ista Devata Samprayogah”, ovvero Ritornare al Sé (in Sé stessi), Riscoprire il Divino. Queste brevi ma incisive parole di B.K.S.Iyengar che seguono, descrivono fedelmente quegli “attimi di Grazia” dove è possibile, sia pur per qualche istante, fluire con la Bellezza inerente la pratica del pranayama.

 

“Quando digiuniamo, purifichiamo i nostri corpi; otteniamo un apprezzamento del cibo che solitamente diamo per scontato. Abbiamo anche l’opportunità di riconoscere quanto ci basiamo sul cibo per il nostro benessere emotivo e anche come fonte d’intrattenimento. Quando evitiamo pettegolezzi inutili, risparmiamo energia ele nostre menti potrebbero divenire più focalizzate.

Quando controlliamo la nostra respirazione, interrompiamo un processo automatico che avviene in ogni momento, Questo è un metodo molto profondo e intenso di tapas che è prontamente accessibile a qualsiasi praticante. Sebbene molti nell’odierna società hanno una pratica di asana ben sviluppata, sono pochi gli studenti che svolgono delle pratiche profonde nel pranayama.

Il pranayama ha una intima relazione con la pazienza: la tecnica può essere di qualsiasi tipo ma la consapevolezza è il fattore più importante. L’attenta consapevolezza condurrà la mente a percepire il respiro. Attraverso questa osservazione si insediano equilibrati movimenti ritmici. E nel momento in cui diveniamo consapevoli del nostro respiro, cambia il modello del respiro stesso: e questa è la sua bellezza”.

Fonte: B.K.S. Iyengar

Cancellare i Samaskara: usare lo yoga per rigenerare il cervello

 

Cari amici dello yoga, il post di oggi scaturisce da un consiglio che B.K.S.Iyengar diede a Patricia Walden, che si trovò a fronteggiare un periodo di depressione ricorrente, e per il quale chiese aiuto a Guruji per supportarla con lo yoga. “Fai un passo, non importa quanto piccolo”. Questo fu il consiglio dato a Patricia da Guruji. Poco alla volta, un piccolo passo alla volta, il progresso può essere fatto: e lo si farà. Patricia dice che il primo passo è stabilire una intenzione, o Sankalpa. “Ponetelo in termini di qualcosa di raggiungibile, qualcosa nel presente”, dice Patricia Walden. “Siate sicuri di concretizzare l’intenzione in parole che la rendono qualcosa che state facendo, e non che avrete intenzione di fare”.

Col tempo, introducendo una pratica di yoga regolare può aiutare le persone che soffrono con la depressione a cambiare i loro samskara, i modelli mentali ed emozionali alla radice della depressione. I nostri samskara, secondo la filosofia yogica, sono le impressioni latenti delle azioni passate, le quali creano la tendenza a ripetere queste azioni. Noi imagazziniamo e accumuliamo queste impressioni, che influenzeranno le nostre future azioni e reazioni. Il potere di prendere un passo alla volta è che noi possiamo cambiare questi modelli intraprendendo nuove azioni. Ogni volta che facciamo una nuova azione, come per esempio praticare uno specifico asana per la depressione, vengono formati nuovi sentieri neuronali, e più spesso noi facciamo la nuova azione, più forte le connessioni neuronale diventano: questa abilità del cervello di ricablare sé stesso è conosciuto come neuroplasticità.

“In questo processo, la chiave è la ripetizione”, spiega Patricia Walden. “Nel caso dello yoga , questo vuol dire PRATICARE, ogni giorno”.

Un altro piccolo potente passo nel cancellare i vecchi Samskaras e creare nuovi sentieri neuronali positivi, come Patricia Walden fa riferimento, è il prendersi delle “pause preziose”. Questo può essere diviso in due momenti di riflessione: 1) Identificare i modelli di pensiero negativi quando si verificano; 2) Porre uno spazio attorno a loro e…prendere una pausa, semplicemente osservandoli e senza reagire loro. Osservarli come modelli di fluttuazione della mente.

“Se possiamo prenderci un momento per fare un passo indietro e percepire i modelli di pensiero invece di esservi catturati all’interno, gradualmente questo processo ci darà il potere di valutare una differente reazione, di creare un nuovo samskara”, spiega Patricia Walden. La fisiologia ha influenza sui sentimenti e viceversa: questo è  perché gli asana dello yoga possono essere un potente strumento per alleviare la depressione. Gli asana fondamentali per le persone depresse sono le aperture del torace, che riaprono il torace chiuso e collassato e il respiro superficiale tipico di chi soffre di disturbi depressivi.

Se c’è tempo solo per un asana, Guruji raccomanda Setu Bandha Sarvangasana. Questa posizione stimola le ghiandole surrenali, apre il torace, e crea la chiusura del mento di Jalandara Bandha, che stimola il nervo vago, calmando così il sistema nervoso simpatico. In questo asana il cervello si acquieta ma il torace si apre: questa è una potente combinazione per le persone intrappolate nei movimenti della loro mente.

Concludo il post rincuorando ogni praticante: ricordate che nulla è perso nella nostra pratica, per piccolo che sia. Ogni piccolo passo che intraprendiamo per diventare esseri umani sempre migliori, ogni piccolo gesto di amorevole condivisione che avremo con i compagni di pratica, ogni imput donatoci dall’insegnante e che abbiamo cura di mettere in pratica, tutto questo non farà altro che mettere in fila tanti preziosi “momenti di pausa positivi”, che formeranno nuovi sentimenti, nuove aperture del cuore e ci radicheranno gradualmente sul meraviglioso sentiero senza fine che è lo yoga. Buona pratica!

Fonte: Yoganusasanam – Iyengar Yoga Delhi

La moderazione nello Yoga: praticare con equilibrio

 

Cari amici dello yoga, il post di oggi è una traduzione estratta da un discorso di Prashant su come uno studente dovrebbe approcciare la sua pratica. Come più volte spiegato da Guruji e come sottolinea Prashant stesso tuttora, la pratica è un mezzo, non un fine, della meravigliosa conoscenza dello yoga. Riporto questo suo breve estratto con le sue stesse parole per ricordarci sempre dove siamo diretti, e perché dedichiamo la nostra vita alla diffusione di questa vasta Vidya (conoscenza).

“Per qualcuno che è eccessivamente consapevole del corpo come una modella, un foruncolo sul viso è una grande tragedia. Sfortunatamente la stessa cosa accade alla maggior parte di voi che sono abituati a praticare lo yoga riferendosi al corpo. FARE FARE FARE finche arrivate ad essere come “anatre morte” (sfiniti). Quando non siete più nel fiore dell’età e il vostro corpo non farà più quel che era abituato a fare, la vostra pratica finirà invariabilmente in totale frustrazione. Posso già vedere molti di voi lamentarsi sempre: la mia schiena dolorante, il mio dolore agli inguini, i miei dolori alle ginocchia… Se la praticate gli asana come un fine quello non è yoga. Rendete gli asana un MEZZO: siate consapevoli del respiro e della mente, PIU’ CHE CONSAPEVOLI DEL CORPO”.

 

Fonte: Prashant Iyengar